La nuova "Opera" di Edoardo Tresoldi a Reggio Calabria

2023-03-01 11:31:53 By : Mr. Troy Sun

Con la medaglia d'oro all'Architettura al collo per la Basilica di Siponto, Edoardo Tresoldi ci ha raccontato il lavoro dietro alla sua nuova Opera reggina

"Avete mai pensato al paesaggio come una scultura?". Ottobre 2017, Edoardo Tresoldi apre così il suo discorso Materia Assente sul palco del TEDXBologna. Lo stesso anno Forbes lo inserisce fra gli artisti europei under 30 più influenti. Nel frattempo realizza tre opere di interesse internazionale: Archetipo (installazione temporanea in collaborazione con DesignLab Experience per un evento reale ad Abu Dhabi), Aura (installazione temporanea per Le Bon Marché Rive Gauche di Parigi) e Déja Vu II (installazione temporanea in collaborazione con Gonzalo Borondo per Matière Noire - Borondo Show, a Marsiglia). Sì, guardiamo queste opere e pensiamo al paesaggio come una scultura.

Edoardo Tresoldi, classe 1987, è l'artista che realizza l'anima dei luoghi attraverso installazioni mastodontiche in rete metallica. Il 12 e il 13 settembre inaugura Opera, il suo nuovo intervento di arte pubblica sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, con una due giorni di incontri e performance: incursioni poetiche a cura dello scrittore Franco Arminio, le poesie di Lara Chiellino, l'esibizione di Daniel Cundari con Jo Di Nardo e Francesco Speciale, i live di Guido Maria Grillo con Francesco Loccisano e Fabio Macagnino e di Livio e Manfredi. Somiglia a un festival, ma di piccole dimensioni - del resto Tresoldi, i festival, li ha nel portfolio.

Dopo aver portato Etherea al Coachella 2018 (California), opera da giro del mondo nonché eccezionale installazione a tre cupole in stile neoclassico, si è anche rivelato al pubblico di Club To Club 2019 a Torino in un listening session a tu per tu con Carlo Pastore. In qualche modo la sua arte abbraccia tutte le discipline: dalla poesia all'architettura - come se si avvalesse di un potere trasversale pronto a raccontare una storia a più voci, quella della poetica dello spazio. Per l'Opera reggina, tocca al compositore Teho Teardo disegnare il suono della relazione fra il lavoro di Tresoldi e il luogo, dividendo il racconto musicale in tre composizioni: mattino, tramonto e notte. Edoardo ce la racconta, invece, la sua poetica visiva. Medaglia d'oro all'Architettura al collo per la Basilica di Siponto - "ma non faccio architettura", dice - mi ha raccontato cosa c'è dietro alla sua Opera: un lavoro trasparente. E la trasparenza - si sa - non parla mai di una cosa sola.

Opera nasce per celebrare la relazione contemplativa tra il luogo e l’essere umano. Ci dici qualcosa di più su questo concetto?

Lavorando sull'idea dell'opera pubblica, volevo creare un monumento che celebrasse un momento quotidiano delle persone che vivono il lungomare. Il lungomare di Reggio Calabria è un luogo dove avvengono tante cose. C'è una relazione forte con gli elementi naturali dello Stretto: da lì si vedono la Sicilia e l'Etna per esempio e si possono ammirare una serie di fenomeni naturali che interagiscono con lo spazio. Ho voluto creare un monumento per celebrare la contemplazione dello Stretto e quindi giocare con gli elementi del parco in cui Opera si trova. Si tratta di un'architettura aperta che accompagna i momenti di contemplazione delle persone all'interno dello spazio.

Non solo suggestiva nell'estetica ma anche nella posizione. Perché Opera si trova proprio sul lungomare di Reggio Calabria?

Innanzitutto il lavoro su Opera è iniziato circa un anno e mezzo/due anni fa, quando il sindaco di Reggio Calabria mi ha contattato per propormi di realizzare un monumento sul lungomare. Mi ricordo che andai a vedere il posto, iniziai a studiare la città per capire che cosa fosse, oggi, il lungomare di Reggio. Reggio è stata ricostruita agli inizi del Novecento, realizzando una griglia di edifici che, ammassati, si riversano sul lungomare. Il lungomare funziona un po' come una piazza lunga 1 chilometro: si affaccia sullo Stretto - monumento eterno. D'estate, questa lunga piazza si riempie di gente ed è abbastanza attiva. Io in realtà volevo trovare un punto più tranquillo, più intimo - dove costruire un'installazione architettonica che potesse parlare della relazione tra i reggini, lo Stretto e la Sicilia davanti. Nel cercare un posto, ho scovato un piccolo parchetto, un luogo adatto: Opera si trova lì.

Il paesaggio è parte della scultura?

Una nuvola attraversa lo spazio visivo di un albero, lo Stretto di Messina subisce le condizioni climatiche: cambia il cielo, arriva la foschia che cancella la Sicilia, poi la Sicilia si mostra di nuovo. Scolpire il paesaggio vuol dire realizzare una composizione con degli elementi che sono vivi e si evolvono e che, grazie alla trasparenza, riescono a cambiare visivamente. Quello che ho cercato di fare - e che cerco di fare con buona parte dei miei lavori - era utilizzare il linguaggio dell'architettura per scandire il movimento del visitatore e definire una ritmica di elementi che riescono ad accogliere i fenomeni che vivono in un luogo. Poi, porre il visitatore nella circostanza di creare una ricerca di quelle che sono le poetiche visive. Si tratta in realtà di un concetto semplice a contatto con un'installazione molto grande, in uno spazio pubblico, nel cuore di una città ampia. In realtà, soprattutto in un momento storico come questo, poterci prendere del tempo o solo metterci a osservare qualcosa è una risorsa. A volte non bisogna per forza esprimere un parere: è bello provare a cogliere la poetica che si costruisce attorno a ciò che guardiamo. Quando la Sicilia sparisce dietro la foschia, e improvvisamente l'orizzonte diventa sfumato, si può semplicemente godere dell'immagine.

Le tue installazioni sono lavori visionari che stupiscono anche per le dimensioni. Cosa racconta Opera (46 colonne e 8 metri di altezza) attraverso la sua grandezza?

Lavorando con il linguaggio dell'architettura mi sento stimolato a ingrandire i miei lavori. Il linguaggio dell'architettura non lo si vive solo visivamente ma anche e soprattutto attraversando l'opera. Nel momento in cui una scultura diventa architettura, le dimensioni si allargano. In questo caso il colonnato realizza diversi corridoi prospettici e permette all'opera di diventare mutevole in base a come la si vive, come la si attraversa e da che punto si sceglie di guardarla. Le dimensioni lasciano costruire una relazione versatile fra l'opera e il paesaggio circostante. Questo vale per tutti i lavori che ho fatto fino adesso, diciamo che poi la trasparenza addiziona e articola una serie di elementi che cambiano continuamente nel momento in cui li si attraversi. Del resto siamo fruitori in movimento.

L'installazione sarà fruibile: il pubblico potrà attraversarne l'interno vuoto. Come dobbiamo interpretare questo spazio cavo?

Il parco entro cui si trova l'installazione è uno spazio che unisce due vie, è composto da tre piazzole e collega una parte alta a una bassa. Si tratta di un percorso che ha sempre accolto le persone per portarle da su a giù. Anche con Opera, il parco resta sempre attraversabile come prima. Cambia la composizione della ritmica delle colonne, che cerca di monumentalizzare quella che è un'azione quotidiana. Il vuoto che si crea fra una colonna e l'altra e il gioco della trasparenza realizzano muri e corridoi, che danno vita a composizioni visive, architettoniche ed estetiche.

Opera è il tuo secondo lavoro in Calabria, che arriva dopo Il Collezionista di Venti (2013) a Pizzo Calabro. Che rapporto hai con il territorio?

La Calabria torna sempre nella mia vita, con questa terra ho un rapporto ciclico. Al di là del fatto che la mia prima opera in uno spazio pubblico, Il Collezionista di Venti, sia stata realizzata in Calabria, a Pizzo, sono perennemente circondato da amici e professionisti calabresi. Io vengo da un paese, che è Cambiago (periferia nord est di Milano ndr), che nel pieno degli Anni Sessanta e Settanta, in seguito all'immigrazione dal sud Italia, si è ingrandito del 50% e buona parte di chi vi abita ha origini calabresi. Chissà se in qualche modo, indirettamente, sono per metà calabrese!

Parliamo di trasparenza - un tema caro all'architettura contemporanea. Quanto è importante il senso di vedo-non vedo nelle tue opere?

Un oggetto trasparente di per sé non parla solo di se stesso ma anche di quello che lo circonda. Anzi, riesce a definirsi di più attraverso quello che lo circonda piuttosto che soltanto se stesso. Io utilizzo il linguaggio dell'architettura, ma non faccio architettura. Però con la trasparenza cerco e trovo tutto quello che sta attorno. Con i miei primi lavori andare a costruire delle figure umane non significava mettere un personaggio da qualche parte, ma voler invece raccontare un personaggio che cambiava in sintonia con gli stati climatici del posto. Con l'architettura succede un po' la stessa cosa: la dimensione emotiva si lega nella relazione fra la forma e il contenuto, ovvero quello che traspare attraverso l'oggetto.

Finito qua, tornerò a lavorare con "l'archeologico". C'è un progetto, qui in Italia, che per ora è in fase embroniale, ma parliamo di una realizzazione che arriverà fra qualche anno - non dico di più per scaramanzia.