L’Ultima Cena di Franca Ghitti Un capolavoro al Diocesano | Bresciaoggi

2023-03-01 11:33:56 By : Mr. Gareth Ho

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Per non dimenticare. Ancor più, per rendere omaggio e trasportare vividi qui e ora miti, tipi e archetipi di una delle artiste bresciane più apprezzate e profonde del secondo Novecento, ovvero Franca Ghitti. I cui segni e riverberi da ieri illuminano il Museo Diocesano, in città, nel nuovo allestimento dell’«Ultima Cena» (2010), considerato il suo capolavoro più maturo, con una nuova collocazione all’interno del percorso espositivo, studiata in collaborazione con Maria Luisa Ardizzone, presidente della Fondazione Archivio Franca Ghitti, «per consentire ai visitatori una sua più agevole fruizione». Originaria di Erbanno, piccolo paese della Val Camonica, Franca Ghitti - scomparsa l’8 aprile del 2012, giorno di Pasqua - ha lasciato un’opera ingente e in parte sconosciuta; di lei e del suo lavoro si sono occupati personaggi della cultura e della letteratura del calibro di Vanni Scheiwiller, Vittorio Sereni, Roberto Sanesi, Italo Calvino, Maria Corti, Mary de Rachewiltz, John Freccero, Franco Loi, nonché grandi critici e storici dell’arte. L’opera in questione appare in questo senso emblematica: allestita nella sala antistante il refettorio monumentale, così da dialogare con l’affresco seicentesco conservato nello spazio - raffigurante proprio un’ultima cena - quella realizzata da Franca Ghitti riprende un dipinto del 1963 in cui aveva raffigurato il Cenacolo e lo rielabora alla luce delle sue ultime ricerche spaziali, inglobandolo in un'installazione. Per dare forma a un austero rito conviviale, l'artista raccoglie e organizza, in un ordine geometricamente calcolato, elementi e materiali diversi, come scarti della lavorazione del ferro, rete metallica, frammenti di carbone, coppelle in ferro contenenti granaglie varie, pagine e libri chiodati, sbarre, lance, ritagli e polvere di ferro, che segnalano drammaticamente il presagio e i simboli della passione. Una serie di pani rotondi, posati ai piedi dell’altare o tra le sbarre di ferro che sostengono il dipinto, le 12 posate dei convitati perfettamente allineate, a fronte dell’immagine effigiata 50 anni prima, sono presenze evocative. «Al di là delle innovazioni formali come l’intrecciarsi di pittura e scultura, dell’uso di materiali extrartistici tipico del concettuale, l’Ultima cena è una straordinaria invenzione iconografica» è stato ribadito durante la presentazione del progetto. «Per la prima volta, nella millenaria storia del soggetto, il tema del lavoro artigianale entra nella rappresentazione del Cenacolo. A completare la tavola, infatti, il pane del Panificio Lazzaroni del Sindacato Panificatori aderente ad Associazione Artigiani di Brescia e Provincia: il sindacato si occuperà, in virtù di un accordo stilato con il Museo Diocesano, di garantirne sempre la produzione, identificando il pane come elemento integrante dell’opera». Al giovedì della cena segue il venerdì di Passione e l’opera «allude anche alle violenze della storia: ai processi ingiusti, alla sopraffazione del più forte, agli assassini dell’innocente e del vinto. Ancora, L’Ultima cena evoca un congedo. Nel 2010, quando realizza l’opera, Franca Ghitti sta lottando contro un male che avrà ragione di lei e un sentimento di addio, un saluto accorato ed estremo s’insinua silenziosamente nella composizione, che resta uno dei suoi ultimi lavori». •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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